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Gli Elvezi, un popolo in movimento

Gli Elvezi…nel 58 a.C.     Diversi autori antichi hanno menzionato nei loro testi le
popolazioni suscettibili d’occupare l’altipiano svizzero durante il I secolo a.C., tra cui Strabone
(riprendendo Poseidonios), Cesare, Tacito, Tito-livio, Eutropo e Tolomeo. Malgrado le
difficoltà che si hanno nel districare le contraddizioni dei testi antichi, gli Elvezi sono spesso i
primi ad essere citati nelle fonti e quelli di cui forse si hanno più informazioni. La menzione
del loro nome appare già nel IV secolo a.C. inciso in caratteri etruschi su di una coppa in
ceramica ritrovata presso Mantova, in Italia. Strabone ci racconta, nella sua Geografia, che gli
Elvezi erano un popolo celtico « pacifico e cucito d’oro ». Se ci affidiamo a Cesare, nostro
principale informatore sul soggetto grazie al suo Commentarii De Bello Gallico, gli Elvezi,
erano suddivisi in quattro pagi (tribù ?), tra cui i Tigurini ed i Verbigeni. Spinti da Orgetorix, un
nobile aristocratico elvetico, gli Elvezi decisero di lasciare il loro territorio, situato tra il Jura, il
         Reno, il Rodano e le Alpi, per installarsi sulla costa atlantica nella regione dei Santons,
         lontani dagli attacchi continui dei Germani. Dopo tre anni di preparativi, gli Elvezi
         partirono carichi di tutti i loro beni, dopo aver incendiato i loro campi ed i loro villaggi.
         Secondo Cesare, erano in 368 000, di cui 92 000 guerrieri. Il generale romano, che
         aspettava solo un pretesto per intervenire in Gallia, non accettò questa iniziativa che
         lasciava difatto un territorio aperto alle invasioni dei « barbari » del nord (Germani)

 

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